La retorica del “detox” tra marketing e realtà scientifica
Von Cecilia Lazzeretti
Sarà capitato anche a voi di sentire il bisogno di disintossicarsi, anzi, di fare un "detox". In certi periodi dell’anno, quando è piuttosto comune fare buoni propositi, ci si mette in testa di rinunciare alle cattive abitudini che danneggiano la nostra salute in termini di stile di vita e alimentazione. Ecco allora che una montagna di diete, integratori, tisane e pediluvi sembrano venirci in aiuto. Su Amazon ci sono intere sezioni tematiche dedicate al detox, tra libri, integratori e altri prodotti. Goop, il famigerato sito wellness di Gwyneth Paltrow, ha oltre 400 articoli taggati con la parola detox: una piccola enciclopedia del settore.
Una domanda che si fanno molto spesso i linguisti è che cosa c’è dietro alle parole. Che cosa significa davvero detox? Nel contesto della medicina ufficiale, la disintossicazione è un processo di rimozione di sostanze tossiche – droghe, alcol, veleni – dall’organismo umano. Si tratta di una procedura ospedaliera, eseguita in situazioni di emergenza, in cui il paziente rischia la vita, non certo di un trattamento scelto a caso dallo scaffale di un negozio o in base ai suggerimenti dell’influencer di turno. Siamo quindi di fronte ad un classico caso di decontestualizzazione: un termine medico scientifico viene estrapolato dal suo contesto di origine e utilizzato in modo sufficientemente vago da poter essere sfruttato a fini di marketing. Lo stesso vale per il termine ‘tossine’. I sostenitori del detox inteso come pratica wellness insistono sul fatto che tutti noi ci dobbiamo purificare dalle tossine che si accumulano nel fegato, un po’ come si pulisce una spugna o un filtro dell’aria. Ma il nostro corpo non funziona così. Il fegato disintossica l’organismo in modo naturale e, a meno che non si soffra di una malattia epatica, svolge il suo lavoro egregiamente. Di quali tossine parlano, allora, i fautori del detox? Ancora una volta, si tratta di un caso di terminologia medico-scientifica estratta dal contesto e resa ambigua al punto da indicare tutto e niente. L’esatto contrario dei principi alla base della ‘grammatica scientifica’ descritta dai linguisti Halliday e Martin, per i quali il linguaggio della scienza è e deve rimanere essenzialmente tecnico, preciso, mai semplificato, né tantomeno personalizzato.
La retorica del detox sul Web è talmente pervasiva, che sembra quasi impossibile sfuggirle. Immaginate di digitare la parola detox nella finestra di ricerca di Google: in oltre l’80% dei casi, ne ricaverete testi su trattamenti di wellness o medicina alternativa, mentre in meno del 10% incorrerete in una narrativa scientifica o in messaggi correttivi. Il dato basterebbe in sé a farci dubitare della serietà dei contenuti in cui appare il termine detox. Potrebbe tuttavia capitarvi di imbattervi anche in testi in cui, ad una premessa apparentemente corretta – per esempio: “Il tuo corpo sa come eliminare le tossine” – segue un prompt pseudoscientifico – “Favorisci il detox naturale con questo infuso di piante dalle proprietà drenanti”. I professionisti del marketing, insomma, hanno imparato a mescolare le carte, rendendoci ancora più difficile riconoscere se un messaggio è credibile o no.
In conclusione, quando si tratta di salute e benessere, difendersi dalla disinformazione online è un arduo compito, ma è significativo che studi recenti condotti in ambito medico-sanitario identifichino nelle strategie linguistiche una delle leve più potenti per coinvolgere gli utenti. Questo ci deve incoraggiare a soppesare bene le parole che leggiamo, ed eventualmente a diffidarne, soprattutto se non ne conosciamo il significato autentico.
Editoriale pubblicato dal quotidiano "Alto Adige" il giorno 13/11/2025.