Nuove Indicazioni Nazionali: quale idea di scuola inclusiva ed interculturale?
By Heidrun Demo, Barbara Gross

Da poco meno di un mese sono state pubblicate, sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito, le nuove Indicazioni Nazionali per il Primo Ciclo. Una bozza “per il dibattito pubblico” che introduce elementi di novità significativi, meritevoli di attenzione e discussione, soprattutto per l’idea di scuola che ne emerge. Le Indicazioni Nazionali sono un documento cardine del nostro sistema scolastico: definiscono i traguardi formativi generali dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di primo grado, cioè dai 3 ai 14 anni. In questo spazio, ci concentriamo sulle premesse generali del testo, e in particolare sul modo in cui viene declinato il concetto di inclusione scolastica in senso ampio.
Tra gli elementi innovativi della bozza spicca la centralità attribuita alla figura del docente, ridefinito come “Maestro”: un adulto autorevole, capace di motivare gli alunni e le alunne, poiché bambine e bambini, infatti, non sceglierebbero autonomamente di “desiderare di imparare”; sarebbe invece la relazione con un modello adulto forte a generare quel desiderio. La ragione principale per un ritorno alla scuola trasmissiva sarebbe la necessità di riaffermare il rispetto per l’istituzione scuola, anche attraverso un’educazione al senso morale costruito intorno alla comprensione del principio di autorità, interiorizzazione del senso del limite e delle “regole”.

Ma questa visione appare difficilmente conciliabile con l’idea di una scuola realmente inclusiva. Nella sezione dedicata alla “scuola che sa essere inclusiva”, il concetto stesso di inclusione si restringe, associato quasi esclusivamente alla personalizzazione e agli adattamenti nella didattica per alunne ed alunni con Bisogni Educativi Speciali. Non vi è spazio in una scuola trasmissiva e autoritaria per percorsi plurali in cui gli ambienti di apprendimento sono progettati perché alunne ed alunni siano autonomi, liberi di scegliere, critici e capaci di co-costruire in attività collaborative con compagne e compagni di classe percorsi inediti frutto dell’incontro delle infinite differenze che in un gruppo di bambini e ragazzi a scuola si incontra.
Anche il tema della parità di genere viene ridotto, nel paragrafo sulla “scuola che educa alle relazioni”, allo sviluppo di competenze socio-affettive. Marginale è il riferimento al contesto sociale e culturale in cui le disuguaglianze di genere si radicano e le ingiustizie e violenze si riproducono. Una rimozione ancor più evidente nella scelta del maschile sovraesteso nel documento, paradossale considerando che il corpo docente è in larga parte femminile. E questo perché una scuola che mette al centro il principio di autorità non è conciliabile con uno sguardo critico, libero ed acceso verso chi è in posizione di autorità a scapito di altre e altri.
Infine, il concetto di educazione interculturale non compare nelle premesse generali delle Nuove Indicazioni ed è menzionato solo più avanti, all’interno delle singole discipline. Questo silenzio, insieme alla sorprendente affermazione secondo cui “solo l’Occidente conosce la Storia” e all’idea che siano l’inglese e la seconda lingua comunitaria i veicoli linguistici principali per la consapevolezza interculturale sono indizi di un’impostazione che non riconosce la grande pluralità di lingue e storie di vita che si incontrano nelle nostre scuole e di fatto produce una gerarchizzazione delle differenze anziché la loro valorizzazione.

A livello nazionale lo spazio di dialogo messo a disposizione per un ripensamento di questa bozza appare attualmente molto ridotto. Ma la nostra Provincia Autonoma dispone di Indicazioni proprie. Proprio per l’attenzione e la cura che un’autentica cultura inclusiva richiede, auspichiamo che nelle prossime settimane si possa coltivare un confronto ampio, democratico e libero attorno a queste Nuove Indicazioni Nazionali. Un dibattito che permetta di riflettere con consapevolezza e senso critico sulle scelte future per il nostro territorio, valutandole con tutta la serietà e l’attenzione che un tema tanto centrale per la scuola merita.
Foto di Kenny Eliason su Unsplash.
Questo editoriale è stato pubblicato sul quotidiano Alto Adige