Le democrazie nella tenaglia dei social
Le elezioni appena svoltesi in USA hanno registrato una vittoria netta del Partito Repubblicano. Donald Trump ha non soltanto riconquistato la presidenza, ma anche ottenuto la maggioranza dei voti a livello nazionale, che gli era sfuggita nel 2016. Al contempo, il suo partito ha riconquistato la maggioranza al Senato e quasi certamente esteso quella alla Camera. Risultati in qualche misura sorprendenti, giacché i sondaggi tratteggiavano invece un’assoluta parità tra i rivali, e che inducono la tentazione di cercare la chiave della vittoria di Trump e della sconfitta dei democratici.
Gli esiti politici, però, non hanno quasi mai una causa dirimente. Ogni elezione riflette invece una molteplicità di fattori, non ultimi i casi fortuiti del momento. Può quindi risultare più utile limitarci modestamente a considerazioni di cui una più ampia esperienza conferma la validità, e che possono aiutarci a comprendere le dinamiche generali della democrazia, benché non consentano né predizioni perfette né la definizione di strategie ottimali che possano garantire il successo elettorale.
Prima considerazione è che le elezioni riflettono anzitutto l’apprezzamento dei cittadini per il governo in carica. L’esperienza italiana ci insegna sin troppo bene che l’insoddisfazione generalizzata per i politici ed il loro operato promuove l’alternanza. Gli elettori frustrati si rivolgono all’opposizione, quand’anche sia guidata dello stesso ex-presidente che a sua volta aveva generato frustrazione alla tornata precedente.
Anche nelle ultime elezioni americane ha operato questa dinamica. Dall’Europa possiamo guardare con invidia alla crescita economica degli USA, che sempre più distaccano il vecchio continente. Eppure il reddito di molte famiglie statunitensi è cresciuto poco negli ultimi anni, o addirittura è diminuito in termini reali per colpa dell’inflazione. L’economia si è rivelata perciò un tema vantaggioso per i repubblicani.
La congiuntura è sempre uno degli argomenti più importanti per i cittadini, e quindi per la politica. Altre priorità degli elettori, però, sono plasmate non soltanto dalle circostanze—per esempio, le guerre in Ucraina e in Medio Oriente—ma anche dalla comunicazione politica. Ogni partito cerca di concentrare l’attenzione degli elettori sui temi che lo avvantaggiano, poiché una maggioranza di elettori lo considera più capace di affrontarli del rivale.
Così, in America, i repubblicani si sono focalizzati, oltre che sull’inflazione, sull’immigrazione: un tema appunto sul quale le proposte di Trump raccoglievano maggiori consensi di quelle di Biden prima e Harris poi, tant’è che gli stessi democratici sono venuti a spostarsi verso posizioni repubblicane. Simmetricamente i democratici hanno enfatizzato i diritti civili ed in particolare la legalità dell’aborto: questione sulla quale la maggioranza americana è invece progressista, e che non a caso Trump ha costantemente cercato di ignorare.
La comunicazione politica non è dunque soltanto un mezzo per presentare programmi e promesse. Sempre più diventa anche una strategia fondamentale per influenzare la percezione collettiva delle priorità nazionali e cercare di definire quali siano i temi su cui si baserà la scelta elettorale. Le elezioni americane ci mostrano anche che la comunicazione politica diretta è sempre più importante. I media tradizionali, giornali e televisione, paiono aver perso importanza a favore dei social, in cui i partiti si rivolgono direttamente agli elettori senza l’intermediazione della stampa.
Capire come si sviluppi la comunicazione politica e come influenzi la percezione della priorità degli elettori è dunque fondamentale. È questo l’obiettivo di un recente studio di Edoardo Grillo, Alessandra Moresi and Juan Morales, “Moral Characters: Social Media and Elections in the US”, che analizza l’uso dei social nella comunicazione politica americana, ed in particolare gli effetti della retorica prescelta. Sarà questo uno dei temi che si discuteranno lunedì e martedì prossimi durante il Workshop di Political Economy organizzato come ogni anno dalla Facoltà di Economia della Libera Università di Bolzano nella sede di Brunico: incontro scientifico internazionale di cui sarà keynote speaker Moses Shayo, professore di Economia alla Hebrew University di Gerusalemme e al King’s College di Londra.
L’auspicio è che i due giorni di presentazioni e di dibattito ci aiutino non solo a comprendere le dinamiche fondamentali dell’interazione tra politici ed elettori, ma anche a formulare proposte concrete per aumentare la qualità e la trasparenza delle scelte di governo: il miglior ingrediente perché le istituzioni recuperino la fiducia dei cittadini, e il miglior antidoto contro la disaffezione alla politica.
Autori: Federico Boffa (unibz), Giacomo Ponzetto (CREI e Università Pompeu Fabra)