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Inclusion Diversity

La tragedia di Latina: un monito sul bullismo e le sue conseguenze devastanti

Il bullismo non è un "gioco da ragazzi" ma una forma di abuso psicologico e fisico con effetti che possono portare a conseguenze fatali. Il commento della prof.ssa Antonella Brighi.

By Antonella Brighi

Foto di Morgan Basham su Unsplash
Foto di Morgan Basham su Unsplash

La tragica morte del 15enne di Latina, un suicidio che le prime indagini e le testimonianze della famiglia  ricondurrebbero a una prolungata e dolorosa esperienza di bullismo, ci ricorda in modo crudo e inequivocabile che il bullismo non è un "gioco da ragazzi" ma una forma di abuso psicologico e fisico con effetti che possono protrarsi per tutta la vita e, nei casi più estremi, portare a conseguenze fatali.

Numerose ricerche scientifiche hanno evidenziato la gravità del problema a livello globale. Sebbene sia difficile stabilire un numero preciso di suicidi direttamente riconducibili al bullismo, i dati disponibili sono allarmanti. Gli studi indicano che le vittime di bullismo hanno un rischio da 2 a 9 volte maggiore di prendere in considerazione il suicidio rispetto ai loro coetanei. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sottolinea che il suicidio è tra le prime tre cause di morte tra gli adolescenti e i giovani adulti (15-29 anni) a livello globale, e il bullismo è riconosciuto come un fattore di rischio significativo. Le conseguenze non si esauriscono con la fine degli atti di violenza, ma lasciano cicatrici profonde, aumentando il rischio di sviluppare problemi di salute mentale come depressione, ansia e attacchi di panico anche molti anni dopo l`aggressione subita.

Di fronte a una tragedia come quella di Latina, è fondamentale che la società intera si senta interpellata. La prevenzione del bullismo non può essere demandata solo alla scuola o alla famiglia, ma richiede un impegno congiunto. È necessario promuovere una cultura del rispetto e dell'empatia e comprendere che il bullismo è un fenomeno non solo individuale o diadico, ma di gruppo: se è vero che il bullismo colpisce la singola vittima, è altrettanto cruciale comprendere che esso prospera in un contesto sociale che lo permette.

Non si tratta solo di intervenire sul bullo e sulla vittima, ma di agire a un livello più ampio: sui processi di gruppo, sul clima scolastico e sulle norme sociali che regolano le interazioni tra i ragazzi. Un ambiente scolastico in cui il bullismo viene tollerato o ignorato diventa il terreno fertile per la violenza. È quindi necessario lavorare per creare una cultura di gruppo che non solo condanna il bullismo, ma che supporta attivamente chi è in difficoltà, trasformando gli spettatori passivi in alleati attivi. Non conosciamo in dettaglio quali iniziative avesse messo in campo la scuola di Paolo e non vogliamo puntare il dito su nessuno e tanto meno sui tanti insegnanti che ogni giorno si impegnano con abnegazione nel realizzare classi veramente inclusive e a essere un modello per relazioni improntate al rispetto e alla cura di ogni studente. Tuttavia, troppo spesso le azioni che vengono messe in atto dalle scuole rischiano di essere di facciata e non andare ad incidere realmente sui problemi e sulle dinamiche che portano alle aggressioni.

E’ altrettanto importante educare i giovani e gli adulti a riconoscere i segnali del disagio e a chiedere aiuto. Ma, anche qui, non basta “informare” i ragazzi e le ragazze che esistono adulti e servizi pronti ad ascoltarli: bisogna creare i presupposti relazionali perché ci possa essere la fiducia nel rivolgersi agli adulti. La ricerca mostra che gli studenti e le studentesse si rivolgono agli insegnanti solo quando li percepiscono preparati e capaci di affrontare i problemi. Al pari, i docenti riferiscono di non sapere come affrontare forme di bullismo specifiche (ed. bullismo omofobico) e affermano di essere  meno propensi ad intervenire per fermare  tali episodi. Una formazione professionale significativa richiede tempo, investimenti e un monitoraggio effettivo della sua efficacia; occorrono interventi sistematici che coinvolgano tutti gli attori del sistema scolastico: tempi, spazi, relazioni. Solo così potremo creare un ambiente sicuro e supportivo per i nostri ragazzi e prevenire che altre vite vengano spezzate.

Prof.ssa Antonella Brighi, preside della Facoltà di Scienze della Formazione