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AI in the Gender Spectrum: quando l’IA incontra gli stereotipi di genere

Una mostra interattiva alla Libera Università di Bolzano esplora il modo in cui i sistemi di IA rappresentano (e distorcono) l’identità di genere.

By Giulia Maria Marchetti

La locandina della mostra.
La locandina della mostra. Foto: Federico Simeoni

Che volto ha una “donna mascolina”? E una persona “agenere”? Come rispondono le intelligenze artificiali a richieste come “un ritratto realistico di una donna molto femminile”? Dietro a queste semplici domande si cela una riflessione profonda: gli algoritmi di intelligenza artificiale IA imparano dai nostri dati e quindi anche dai nostri stereotipi. Proprio a partire da queste domande nasce la mostra “AI in the Gender Spectrum”, allestita al campus di Bolzano di unibz dal 28 al 29 giugno 2025, in concomitanza con il primo Pride cittadino. Il progetto nasce nell’ambito del progetto di dottorato di Federico Simeoni, in arte Fe, sotto la supervisione di Antonella De Angeli e María Menéndez-Blanco, con il supporto dell’Istituto per i Diritti delle Minoranze e il Center for Autonomy Experience di Eurac Research.

Il Diamante di Genere.
Il Diamante di Genere. Foto: unibz

Il cuore della mostra è il Diamante di Genere, una visualizzazione interattiva sviluppata da Simeoni durante la sua tesi di laurea magistrale ad Aalto University (Helsinki), ora parte di una più ampia ricerca sulla rappresentazione digitale dell’identità. L’idea di base è semplice quanto rivoluzionaria: anziché chiedere alle persone di selezionare una singola identità di genere da una lista (uomo, donna, altro), si offre loro uno spazio dove possono posizionarsi lungo uno spettro, scegliendo combinazioni soggettive di mascolinità e femminilità. Il risultato? Una rappresentazione molteplice e sfumata dell’identità di genere. Inaspettatamente, “molte persone che si definiscono binarie si collocano, quando interagiscono con lo spettro, in punti che includono anche tratti associati al genere opposto, là dove stanno le identità nonbinarie. Questo dimostra quanto sia comune la convivenza di mascolinità e femminilità”, spiega Simeoni.

Un esempio delle immagini generate dall'IA all'interno del progetto.
Un esempio delle immagini generate dall'IA all'interno del progetto. Foto: unibz

La seconda parte del progetto si concentra su un tema attualissimo: come le IA rappresentano il genere. Utilizzando modelli di generazione di immagini come Dall-E, Midjourney e Stable Diffusion, Simeoni ha testato prompt contenenti etichette di genere diverse per vedere come le IA visualizzano certe presentazioni di genere. I risultati sono, forse, inaspettati. Le immagini generate per una “donna mascolina” restituiscono spesso figure iperaggressive o militarizzate, solitamente associate a uomini cisgenere (ad esempio, uomini nati maschi), mentre per “persona agenere” si vedono corpi spesso sovrappeso, più vecchi della media. “Le AI non hanno abbastanza dati per rappresentare i generi nonbinari”, spiega Simeoni, “E quindi propongono disparate combinazioni degli stereotipi più consolidati”. Al contrario, una “donna femminile” viene rappresentata come una modella: giovane, magra, bianca, curata.

Federico Simeoni e Antonella De Angeli.
Federico Simeoni e Antonella De Angeli. Foto: unibz

La mostra "AI in the Gender Spectrum" raccoglie 18 poster che illustrano i risultati della ricerca, inclusi dati quantitativi, visualizzazioni interattive e immagini generate dall’AI. Il pubblico è invitato a percorrere lo spazio in autonomia, esplorare, riflettere e – se lo desidera – portare via un adesivo simbolico della propria posizione nello spettro di genere. L’esperienza è pensata come una porta d’accesso alla complessità del genere, in particolare per un pubblico che non si riconosce (ancora) in un’etichetta predefinita. “Non vogliamo dare risposte”, dice Simeoni, “ma strumenti per riflettere”.

“Quello che vogliamo dire con questa mostra è che il genere è uno spettro, non solo per chi si definisce nonbinario, ma anche per chi si è sempre pensato come ‘uomo’ o ‘donna’. L’AI può essere uno specchio, ma spesso ci mostra un’immagine distorta. Sta a noi decidere che immagine vogliamo costruire”, conclude la professoressa De Angeli.

Contenuto disponibile solo in italiano

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